Stampa

Il Castello

66123

Il castello ammirato da Al Edris La prima notizia dell’esistenza del castello la dà il famoso geografo arabo Edrisi (Al Edris) nel suo celebratissimo Libro di Ruggero, sicuramente portato a termine prima del 1154 (data di morte del monarca normanno committente e dedicatario dell’opera) e concepito come una grande didascalia al planisfero d’argento che lo stesso Edrisi aveva realizzato sempre su committenza di re Ruggero. Verso la metà del sec. XII esisteva quindi, già da tempo, il toponimo Montalbano ed un fortilizio attorno al quale pullulava un’intensa attività produttiva. Ancora oggi l’elemento storico architettonico più significativo di Montalbano Elicona è il Castello; questo domina un tessuto urbano medioevale irregolare e tortuoso, che si snoda su e giù per i vicoli adattandosi alla conformazione del promontorio roccioso. Le piccole case costruite in pietra arenaria sono colme di storia autentica.

66116

Un fortilizio normanno-svevo sposato alle fortificazioni aragonesi Edificato su preesistenze bizantine e arabe, il Castello è costituito in alto da un fortilizio normanno-svevo e in basso dal palatium fortificato svevo-aragonese. La parte superiore, una fortezza rettangolare, è chiusa all’estremità da due torri, una a pianta quadrata e l’altra, tipicamente sveva, a pianta pentagonale, con funzione di maschio. Al periodo svevo risale la muratura perimetrale merlata che rappresenta la configurazione difensiva “a saettiere” più importante e meglio conservata della Sicilia. Della fase angioina ci rimane la data del 1270 incisa nel rivestimento idraulico della cisterna grande. Nella dote di Costanza Con l’avvento dei Normanni, succeduti agli Arabi nel dominio dell’isola, era stato introdotto in Sicilia il sistema feudale; non si conosce di preciso la posizione giuridica di Montalbano in tale sistema al tempo degli Altavilla ma un documento del 1211 attesta che “Montalbano con tutti casali e tenimenti suoi”, per disposizione di Federico II di Svevia, era entrato a far parte del “dodario” (la dote) della moglie Costanza d’Aragona e, come tale, apparteneva al demanio regio, sotto il controlIo diretto della corona. E così, quando nel 1232 il nostro si schierò contro i centri ribelli dell’isola che non accettarono le Costituzioni di Melfi ritenendole lesive dei diritti dei vassalli, la reazione di Federico II fu particolarmente dura. La terra fu messa a sacco, la rocca fu rasa al suolo, sterminati gli abitanti e deportati ad Augusta quelli scampati all’eccidio. Ma l’importanza strategica del luogo persuase ben presto l’imperatore della necessità non solo di ricostruire, ma addirittura di potenziare le fortificazioni. Così nel giro di un biennio (1239/40) riapparve la rocca turrita sulla sommità del colle alle pendici del quale successivamente sorse un campo trincerato a rinforzare la difesa del lato Est. Il nuovo castello, dono di Federico II Prese forma così una nuova costruzione, destinata a diventare nel tempo il corpo principale del castello come ancor oggi lo vediamo. Era, all’inizio, un camminamento coperto che si sviluppava senza soluzione di continuità, disegnando attorno alle pendici del colle una specie di quadrato pressochè perfetto. La nuova costruzione restava chiusa tra un poderoso muro esterno merlato dello spessore di m. 1,40 ed un muro interno piu sottile di 70 cm. che dava luce al camminamento attraverso una serie di finestrelle poste in alto, sotto la linea di gronda. Nella sua configurazione globale, il castello aveva già assunto, in epoca sveva (tra Federico e Manfredi), nella geometria dei suoi volumi, il profilo che tuttora conserva. Agli anni della dominazione angioina rimanda la data A.D.MII.C.~.L.X.X. (1270) recentemente scoperta all’interno della cisterna che raccoglieva I’acqua degli spioventi del nuovo corpo. Ed è incerto se sia da riferirsi alla costruzione del serbatoio o ad un intervento successivo sullo stesso. Un protagonista dei Vespri Nel periodo aragonese, che ebbe inizio nel 1282 con la sollevazione dei Vespri Siciliani, il castello, passato subito sotto il regno di Federico II d’aragona, visse il suo periodo di maggiore splendore. Conclusa la pace di Caltabellotta (1302), Federico compì la trasformazione del nuovo corpo svevo da fortezza in reggia. Grazie alla ristrutturazione operata dal re aragonese il castello di Montalbano è una delle opere più unitarie e armoniose del medioevo siciliano. L’elemento più straordinario dell’intero castello è la cappella reale di epoca bizantina, che custodirebbe secondo alcuni studiosi le spoglie di Arnaldo da Villanova, medico, alchimista e riformatore religioso in odore di eresia, morto nel 1310 e del quale sono attestate numerose presenze a Montalbano insieme al re Federico. Da reggia a palazzotto feudale, il declino di un grande maniero Nel 1396 viene concessa a Tommaso Romano barone di Cesarò la contea di Montalbano; da reggia, il castello scade a palazzatto feudale: centro amministrativo dei beni del signore e punto di riferimento della vita civile (politico-giudiziaria) di un piccolo centro montano. La signoria dei Romano durò due secoli fino a quando non passò, alla fine del ’500, a Filippo Bonanni al quale la portò in dote I’ultima erede dei Romano. Due secoli durò anche la signoria dei Bonanni i quali trascurarono del tutto il disagevole feudo montano. Rifugio della Chiesa Nessun mutamento di struttura si ebbe all’esterno del castello durante i quattro secoli di dominio feudale – all’interno per esso prese sempre piu decisamente, l’aspetto di una grande masseria. Nel 1805 i Bonanni vendettero il feudo di Montalbano ai padri della Compagnia di Gesù che di fatto ne presero possesso, insediando nel castello un piccolo gruppo di religiosi, nel 1813: quando già da un anno il Parlamento Siciliano, su pressione degli Inglesi, aveva decretato l’abolizione della feudalità. Con i Gesuiti il castello subì l’ultima metamorfosi poiché l’edificio fu chiamato ad assolvere anche quelle che sono proprie di un convento. Di quest’ultima singolare vicenda resta come segno visibile l’archetto che salda due merli del lato Sud, costruito per reggere una piccola campana che chiamava i fedeli alle funzioni liturgiche che si celebravano nella cappella. Ecco, ritorna l’antica bellezza! Con le cosiddette leggi eversive del 1866 il castello passò al demanio e fu letteralmente messo a sacco. Dopo oltre un secolo di declino, negli anni ’80 del novecento lavori di restauro hanno restituito il Castello alla sua antica bellezza, ma con un imperdonabile errore: i merli, originariamente a coda di rondine, sono diventati rettangolari, qualificando così come guelfo un edificio che, essendo svevo aragonese, non potrebbe essere più ghibellino!

Share

I MERAVIGLIOSI CASTELLI DI FEDERICO II DI SVEVIA IN BASILICATA-PUGLIA-CALABRIA-SICILIA

lagopesole1.jpg
sicilia.jpg
CalabriaCapo.jpg
castelDelMonte.jpg