La storia
I greci, fondatori della marinaresca Messina Il destino di Messina è sempre stato indissolubilmente legato al suo ruolo sullo stretto. Le prime frequentazioni risalgono all’età del bronzo ma è con l’arrivo dei greci nel 740 a.C. che la città assume quel ruolo marinaro a lei più congeniale. La prima distruzione totale della città avvenne nel 396 a.C. ad opera dei cartaginesi di Imilcone; la nuova Messina nacque nello stesso anno grazie a Dionigi di Siracusa che ripopolò la città con circa 6000 coloni. Nel 263 a.C. Messina diventava la prima città siciliana in mano a Roma e con il passaggio dell’Impero a Bisanzio operato da Costantino, Messina fu governata da magistrati locali detti Stratigoti. Il 476 con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente coincide per la Sicilia e per Messina con l’inizio di una lunga serie di invasioni barbariche interrotte con la dominazione bizantina che restituì a Messina dignità e il ruolo centrale negli scambi con l’Oriente al suo porto. Il Guiscardo riporta in auge la città Nell’843 Messina capitolò agli attacchi arabi e nel 1037 Giorgio Maniace con l’aiuto dei greci di Calabria e dei Normanni di Puglia liberò gran parte della Sicilia orientale avviando il processo che portò alla conquista dell’isola da parte di Roberto il Guiscardo e del conte Ruggero nel 1061. La venuta dei Normanni riporta in auge la città e le concede una serie di privilegi commerciali che portarono in città mercanti pisani, genovesi, amalfitani, armeni, greci ed ebrei di cui si ha chiaro riscontro nella toponomastica urbana. In questi anni il porto dello Stretto ospitò presso di sé le flotte che si dirigevano in Terrasanta per le crociate. Ancora in età sveva Messina consolidò la sua condizione di privilegio con la concessione del porto franco da parte di Enrico VI e la conseguente libera importazione ed esportazione di merci. L’Accademia di Federico per purificare il volgare Nel 1231, sotto gli auspici di Federico II, sorse a Palermo e a Messina l’ «Accademia» comunemente denominata «Scuola poetica siciliana», « col compito precipuo di purificare e ridurre in forma migliore il volgare italiano »; con questa definizione si suole definire il costituirsi delle prima vera scuola di poesia in Italia composta da artisti provenienti da ogni parte d’Italia, ma soprattutto meridionali, i quali vissero e composero alla scuola di Federico II e poi di suo figlio Manfredi. Grande era l’operosità culturale nel XIII sec allorché al latini della tradizione classica si andava affiancando il volgare. Questa non era ancora una lingua e si connotava a seconda dei temi trattati, ora religiosi, ora cavallereschi, ora teologici, ora filosofici, ora scientifici. Dunque la letteratura volgare era ancora troppo varia e molteplice perché potesse ancora iniziare una vera e propria tradizione letteraria; la lingua poi non era ancora un volgare unitario in tutta la penisola, ma il dialetto adoperato da ciascuno scrittore. Il dialetto siciliano, lingua dell’amore La scuola è detta siciliana non perché gli artisti fossero solo siciliani, ma perché la lingua utilizzata per comporre e rimare era il dialetto siciliano ed essa nacque e fiorì alla corte del Re di Sicilia. Questi poeti che cantarono d’amore hanno una particolarità: molti di loro erano nativi di Messina. È, verosimilmente, la prima accademia che sorge in Messina ma è sicuramente la prima di tutta la penisola. Tra i Molti meriti dei poeti che operarono alla corte di Federico II ci sono la composizione della prima poesia italiana; la presenza della prima poetessa italiana, Nina da Messina; l’invenzione del sonetto ad opera di Jacopo da Lentini; la nascita artistica dei primi “trovatori” italiani. I maggiori poeti dell’Accademia possono considerarsi Guido e Odo Della Colonne, Ruggieri d’Amici, Stefano Pronotaro, Tommaso di Sasso, Mazzeo di Ricco, e Filippo da Messina. Gli angioini e gli aragonesi La dominazione angioina vide Messina inizialmente lontana dagli scontri dei Vespri, ma in seguito anche questa città partecipò alla cacciata dei francesi. Nel frattempo Pietro d’Aragona, eletto Re dal parlamento siciliano, si diresse in difesa di Messina riuscendo a far ritirare Carlo d’Angiò. Esaurita con Martino II la dinastia aragonese, l’isola nel 1412 capitolava a Ferdinando di Castiglia. In seguito il governo dell’isola venne affidato ai viceré. La dominazione austriaca Nel 1516 con Carlo V la Sicilia passa sotto la dominazione austriaca e inizia un periodo di grande splendore per una città dimenticata negli anni. Nel 1571 nel porto della città si radunarono la navi della cristianità che sconfissero i turchi nella battaglia di Lepanto. La sconfitta dei turchi, facendo venir meno il pericolo delle incursioni, trasforma la fisionomia di messina che abbandona il suo ruolo di città fortificata sostituendo la propria cinta muraria prospiciente il porto con la cosiddetta Palazzata costituita da una lunga serie di di eleganti palazzi a corona del porto. Il declino ad opera degli spagnoli Gli Spagnoli, a cui Messina era stata destinata dal trattato di Nimeg, privarono Messina di tutti i suoi privilegi, delle proprie istituzioni politiche e culturali e in definitiva del suo splendore. I vari governi che seguirono negli anni a venire non riuscirono in nessun modo a risollevare le sorti della città. Il Risorgimento Il 1 settembre 1847 a Messina cominciava il risorgimento italiano solo però nel gennaio del 1848 si ebbe la vera e propria rivolta in cui i messinesi riuscirono ad espugnare quasi tutti i forti ma alla fine la città dovette arrendersi ai Borboni. La dominazione borbonica finisce il 27 luglio 1861 con l’entrata in città del generale Giuseppe Garibaldi e l’arrivo di Vittorio Emanuele II a sancire l’annessione al Regno d’Italia. Il canale di Suez e quello di Messina L’apertura del canale di Suez, inaugurato nel 1869, danneggia senz’altro il porto dello stretto ma nel 1899 Messina crede di aver trovato un ruolo nel nuovo assetto politico: entrano in funzione le prime navi traghetto in modo da collegare in maniera stabile l’isola al continente. Il coraggio e l’amore dei messinesi Alle ore 5,21 del 28 dicembre 1908 Messina veniva letteralmente rasa al suolo da un terribile terremoto e da un quasi contemporaneo maremoto: perirono quasi 80000 persone ma a contrastare le insulse proposte si non ricostruire la città vi fu da parte dei superstiti una ferrea volontà di non abbandonare Messina e di cercare di ripopolarla e riportarla agli antichi splendori.