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Il Castello

468854L’Aquila degli Hobenstaufen si posò sulla Sicilia Vale certamente la pena inoltrarsi nell’entroterra della Sicilia occidentale per giungere dove si erge il sito fortificato di Giuliana, dominato da un complesso ed articolato incastellamento. Dal fondo della vallata se ne scorgL’Aquila degli Hobenstaufen si posò sulla Sicilia Vale certamente la pena inoltrarsi nell’entroterra della Sicilia occidentale per giungere dove si erge il sito fortificato di Giuliana, dominato da un complesso ed articolato incastellamento. Dal fondo della vallata se ne scorgono i forti bastioni, ma solo una veduta dall’alto ne rileva la particolare iconografia che lo rende simile ad un grande rapace dalle ali spiegate, con il rostro rivolto verso l’abitato. Da qui è facile rimandare il pensiero all’aquila degli Hobenstaufen, il casato di Federico II, a cui è attribuita la costruzione dell’edificio o, almeno, del suo nucleo primitivo. Da avanguardia strategica a convento, il maniero conserva lo spirito indomito di Federico Il castello, singolare monumento dell’area corleonese che Federico II volle per il suo alto valore strategico, domina la vallata del fiume Sosio dalla rupe di origine vulcanica, mentre ai suoi piedi si è sviluppato la cittadella di Giuliana, di origini arabo-normanne. che ad oggi – con le sue viuzze, le sue case in pietra e i suoi monumenti – da l’impressione di emergere dal lontano medioevo. Giuliana, posta nell’estrema parte meridionale della provincia di Palermo, rappresentava – col suo castello svettante sulla Rocca – un ottimo osservatorio per dominare l’ampia vallata fino al mare della costa agrigentina. Nel seguire le vicende storiche del territorio, il complesso edilizio finì per perdere progressivamente la funzione originaria di sentinella armata a guardia della valle, rimanendo infine “solo” una residenza dei signori che si susseguirono nel dominio del feudo. E non è mancato certo momenti di splendore: nel 1543, l’imperatore Carlo V elevò solennemente la cittadina da contea a marchesato. Il corpo di fabbrica sottostante, invece, dovette essere edificato nel seicento per ospitare un convento di monaci olivetani, dipendenti dalla vicina abbazia di Santa Maria del Bosco. Una committenza volitiva per sfruttare con genialità le caratteristiche naturali del sito Difesa da un alto precipizio a sud, e a nord da una robusta cortina muraria che segue la particolare geometria dell’impianto, la fortezza sembra essere stata costruita in diverse fasi, anche se in breve successione cronologica: il punto focale, e probabilmente il primo nucleo, è costituito da un torrione pentagonale dalla cuspide rivolta verso occidente; questo grande corpo di fabbrica si espande poi in due ali rettangolari disposte ad angolo ottuso. La precisa simmetria della costruzione risponde certamente ad una committenza volitiva e di alto livello quale quella imperiale e rileva una maturità progettuale che sfrutta in modo geniale le caratteristiche naturali del sito. Il pentagono e la magia federiciana L’uso di torri pentagone non è un unicum nell’architettura federiciana: nel castello di Prato ed in quello di Augusta si trovano inserite nella cinta muraria, protese verso l’esterno; suggestivi confronti sono stati istituiti, inoltre, anche con i castelli crociati e l’architettura fortificata di Terra Santa, della Siria e della Giordania. Oltre a questo, però, forse è interessante ricordare come la complessità dei rapporti geometrico-matematici nell’architettura federiciano si arricchisca di alcuni contenuti simbolici, tanto cari alla infaticabile curiosità di Federico II: molto si è dissertato sulla valenza del numero cinque: somma del tre (la trinità divina, i tre piani dell’esistenza) e del due (tesi ed antitesi, maschile e femminile, umano e divino); del quattro (stabilità e concretezza, manifestazione nel mondo sensibile) e dell’uno (elemento primordiale, manifestazione dell’Essere puro). Ma il numero cinque è anche la cifra della “quintessenza”, il così detto “quinto elemento” o “etere”, un elemento soprasensibile che non dipende dall’essere umano perché appartiene ad un piano superiore; il cinque è anche il punto centrale della croce, quello da cui parte l’irradazione che permette di uscire dalla staticità del cubo per arrivare ad un nuovo sviluppo, ad una quinta dimensione non calcolata, ma presente ed attiva. Questa forza quì trova espressione nella geometrica potenza di una creazione imponente improntata alla logica matematica e ad un impatto visivo ed emotivo volto al controllo fisico e simbolico di un territorio difficile. Il torrione, simbolo di forza e virilità Il torrione, alto circa 18 metri, si articola in due ambienti sovrastanti, non comunicanti dall’interno, coperti a volta; dal piano terreno si accede al primo piano attraverso una scala esterna in pietra a due rampe. Da quest’ultimo vano si raggiunge poi, con una scala in legno, la soprastante copertura piana lastricata, circondata da un parapetto. Le aule addossate alla torre, grandi ambienti rettangolari a sesto acuto, sarebbero, secondo gli ultimi studi, di poco posteriori. Peculiari della decorazione architettonica sveva le mensole “a piramide rovesciata” che reggono l’arcata centrale nella copertura del salone centrale. Certamente altri interventi si sono susseguiti nella fabbrica, testimoniati da incongruenze murarie e da elementi stilistici palesemente più tardi Ultima destinazione, museo delle pietre dure Il castello è stato restaurato, seppure parzialmente, di recente con progettazione e direzione dei lavori a cura della Soprintendenza ai beni Culturali ed Ambientali di Palermo, ospiterà un Museo delle pietre dure, con particolare riguardo alle agate e ai diaspri, ampiamente presenti nel territorio. I diaspri di Giuliana, di cui il De Borch (1778/80) ne ha enumerato ben 46 varietà, vennero massicciamente stilizzate in età barocca per la decorazione a marmi “mischi” delle chiese palermitane e vennero richiesti anche dalla corte medicea di Firenze e da quella borbonica di Napoli.

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I MERAVIGLIOSI CASTELLI DI FEDERICO II DI SVEVIA IN BASILICATA-PUGLIA-CALABRIA-SICILIA

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