Catania contro gli Svevi Fu un rapporto assai contrastato quello tra Catania e il casato svevo: a trent’anni dal terribile terremoto del 1169 che distrusse l’antica colonia greca, i catanesi avevano ancora la forza per resistere ad Enrico VI al fianco degli ultimi eredi degli Altavilla; nonostante l’esemplare punizione imperiale, Catania insorse anche contro Federico II nel 1232, subendo un secondo devastante saccheggio. Un monito tramandato nei secoli Una testimonianza di questa triste storia è rappresentata dal duecentesco portale della Chiesa di S. Agata al Carcere, voluto dall’Imperatore a ricordo della soffocata rivolta della città: il portale, databile 1236, presenta simboli e sculture i cui significati sono ancora avvolti dal mistero nonostante nei secoli a noi più vicini diversi studiosi abbiano cercato di interpretarli. Diverse le figure emblematiche che dovevano servire da monito ai Catanesi ed ai viandanti, figure da collocare proprio all’ingresso della Cattedrale-fortezza di Catania. Gli enigmatici simboli del portale Fra questi, la rappresentazione sulla prima colonna a sinistra: l’Imperatore seduto comodamente sul suo trono che con la mano destra si liscia la barba, anziché impugnare la spada o lo scettro, come simbolo di superbia e di prestigio. Sulla seconda colonna si nota un uccello strozzato che è l’aquila emblema della casata normanna. Accanto all’imperatore seduto, sulla seconda colonna di sinistra vi è l’Idra a molti capi, con il petto a terra e sempre strozzata. Questa rappresenta tutte le città siciliane che come Catania vennero placate da Federico. Nel terzo arco, a sovrastare le colonne vi è un’altra allegoria: una scimmia con una palla in bocca a rappresentare l’uomo che non raggiunge il proprio intento. L’intercessione di Sant’Agata La storia racconta che per sottoscrivere la resa l’imperatore inviò in città degli ambasciatori che furono respinti in un primo tempo. Successivamente, entrati a Catania e messa in fuga la popolazione intera, gli Svevi si diressero verso la cattedrale dove nel frattempo si erano rifugiati gran parte dei comandanti. Tradizione vuole che Federico, dopo aver emanato l’ordine di condanna a morte di questi, volle di persona entrare nel sacro tempio e, aperto un messale, vide apparire a lettere di fuoco la nota frase “non offendere la patria di Agata, perchè è vendicatrice delle ingiurie che ad essa si fanno”; frase così forte e intimidatoria da far prendere a Federico II la decisione di commutare la pena corporale e luttuosa da infliggere ai catanesi in quella dell’umiliazione e del pentimento. Una libertà conquistata grazie al nemico Eppure proprio al nipote del Barbarossa la città siciliana deve la sua emancipazione dalla giurisdizione del vescovo-abate voluta dal gran Conte Ruggero all’inizio del millennio e la trasformazione in città-regia; qualche anno più tardi, sempre grazie a Federico II venne riconosciuta come Comune e invitata ad eleggere rappresentanti al Parlamento. La terza sorella del Regno Nel periodo medievale e rinascimentale la terza sorella delle città del Regno (insieme a Palermo e Messina) registrò una forte crescita ed espansione e nel 1434 venne anche fondata la prima e per molto tempo unica Università della Sicilia. Nel ’600, invece, la città sembrò perdere la sua immagine dinamica e nel 1693 un fortissimo terremoto le inferse un colpo gravissimo. Dal punto di vista architettonico, però, il 1693 è il suo anno di nascita visto che Catania fu completamente ricostruita: a resistere furono soltanto qualche porzione delle mura, il castello voluto da Federico II e la Cattedrale con il monito dell’imperatore svevo. Fonti: www.cataniacultura.com