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Il Castello

38Resistente alla natura Voluto da Federico II a guardia della città insorta contro di lui, il castello Ursino resistette dapprima all’eruzione del 1669 quando la lava lo circondò e lo allontanò dal mare, seppellendone fossati e bastioni. Poi rimase in piedi, insieme a poche altre cose quando la terra tremò la notte dell’11 gennaio del 1693. Costruito su progetto dell’architetto militare Riccardo da Lentini, lo realizzò su quello che allora era un imprendibile promontorio di roccia sul mare, collegata con un istmo alla città ed alle mura cittadine. All’origine affacciava sul mare, a sud del porto di Catania; adesso dista da esso un centinaio di metri proprio a causa delle modificazioni morfologiche dovute all’eruzione e al terremoto. Come si finanzia la costruzione di un castello I lavori iniziarono tra il 1239-40 e durarono un decennio: in tre lettere spedite dall’Imperatore tra il novembre del 1239 ed il marzo dell’anno successivo al supervisore Riccardo da Lentini veniamo a sapere che il castello catanese fu iniziato appunto nel novembre del 1239, mediante duecento onze d’oro sborsate dai cittadini di Catania su “caloroso” invito dello Svevo, più altre centosessanta onze avanzate dalla costruzione del Castello di Augusta. Trenta metri di potere imperiale Il suo aspetto attuale risale ai restauri effettuati negli anni trenta: d’impostazione rigorosamente geometrica, la pianta si rifà ad esempi arabi. Racchiusa tra le quattro torri cilindriche agli spigoli, la struttura si erge imponente su un’altezza di trenta metri. La torre settentrionale di destra era chiamata della Bandiera, dall’usanza nel periodo angioino e aragonese di innalzare le bandiere della val di Noto e della val Démone. L’altra torre era chiamata Martorio, perché era utilizzata per la tortura. Una delle due torri meridionali era chiamata della Sala, perché vicina alla sala dei Paramenti, l’altra del Magazzino, perché utilizzata come deposito di armi. L’aquila che strozza l’agnello e la stella a cinque punte Le finestre erano piccole per non offrire varchi al nemico, sul lato settentrionale mancano del tutto perché era il più esposto agli assalti. Da notare anche la massiccia staticità delle sue mura costruite con pietra lavica. Delle decorazioni esterne rimangono soltanto due elementi. Sul fronte settentrionale è possibile osservare una nicchia ad arco trilobato che racchiude un’aquila, simbolo dell’imperatore, che strozza tra gli artigli un agnello, simbolo del popolo che aveva osato ribellarsi. Sul fronte orientale è visibile l’intarsio del Pentalfa (o Pentagramma), stella a cinque punte, da alcuni studiosi erroneamente indicata come Stella di David, simbolo ebraico a sei punte.

Graffiti dei prigionieri e reperti archeologici Nel 1837 l’edificio, che cambia nome in Forte Ferdinando, già parzialmente 39utilizzato come prigione, subisce un intervento che ne cambia l’assetto originario per essere riutilizzato militarmente. Nel 1860 è adibito a caserma e nel cortile, sul prospetto meridionale, sono ancora visibili i graffiti dei prigionieri. Dal 20 ottobre 1934 il castello è sede del Museo Civico: vi si conservano 8043 pezzi tra reperti archeologici, epigrafi, monete, sculture, pitture, sarcofaghi fittili greci, romani e mosaici provenienti dalle città e dai territori di Catania, Paternò, Centuripe, Lentini, Roma, Trapani, Caltagirone, Ercolano e Camarina. Fonte: www.icastelli.it Fonte: “I castelli siciliani di Federico II” – Copyright ©2001 Alberto Gentile e Federico Messana

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I MERAVIGLIOSI CASTELLI DI FEDERICO II DI SVEVIA IN BASILICATA-PUGLIA-CALABRIA-SICILIA

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