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Il Castello

Patrimonio dell’Umanità Opera architettonica grandiosa, sintesi di raffinate conoscenze matematiche ed astronomiche, iscritta dal 1996 sulla lista dei Patrimoni dell’umanità per la perfezione delle sue forme e per l’armoniosa unione degli elementi culturali del nord Europa, del mondo islamico e dell’antichità classica, la sua reale funzione è tutt’ora sconosciuta.

ANDRIA Castel-del-Monte ph.A.Buongiorno

Fortezza? Residenza di caccia? Privo dal punto di vista architettonico di elementi tipicamente militari e di fossati, posto in una posizione non strategica, probabilmente l’edificio non fu una fortezza. Alcuni elementi della costruzione, inoltre, fanno decisamente scartare questa ipotesi: le scale a chiocciola nelle torri sono disposte secondo un senso antiorario, situazione che metteva in svantaggio gli occupanti del castello contro eventuali assalitori perché sarebbero stati costretti ad impugnare l’arma con la sinistra. Le feritoie, inoltre, sono troppo strette per ipotizzare un lancio di frecce. Anche l’ipotesi che fosse una residenza di caccia, attività assai amata dal sovrano, è messa in discussione dalla presenza di fini ornamenti e dall’assenza di stalle e altri ambienti tipici delle residenze di caccia.

Castrum Sanctae Mariae La nascita dell’edificio si colloca ufficialmente il 29 gennaio 1240, quando Federico II Hohenstaufen ordinò a Riccardo da Montefuscolo, Giustiziere di Capitanata, che venissero predisposti i materiali e tutto il necessario per la costruzione di un castello presso la chiesa di Sancta Maria de Monte, da cui inizialmente prese il nome (Castrum Sanctae Mariae) mutato in Castrum Montis nel Trecento.

Il castello-immagine Federcio II non badò a spese affinché l’edificio fosse magnifico: doveva essere il suo castello-immagine, la celebrazione del potere imperiale. Secondo Kantorowicz qui egli “riceveva ambascerie coi doni più rari e preziosi: una veste d’amianto, un filtro di giovinezza, un anello che rendeva invisibili, la pietra filosofale”.

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Patrimonio dell’Umanità Opera architettonica grandiosa, sintesi di raffinate conoscenze matematiche ed astronomiche, iscritta dal 1996 sulla lista dei Patrimoni dell’umanità per la perfezione delle sue forme e per l’armoniosa unione degli elementi culturali del nord Europa, del mondo islamico e dell’antichità classica, la sua reale funzione è tutt’ora sconosciuta. Fortezza? Residenza di caccia? Privo dal punto di vista architettonico di elementi tipicamente militari e di fossati, posto in una posizione non strategica, probabilmente l’edificio non fu una fortezza. Alcuni elementi della costruzione, inoltre, fanno decisamente scartare questa ipotesi: le scale a chiocciola nelle torri sono disposte secondo un senso antiorario, situazione che metteva in svantaggio gli occupanti del castello contro eventuali assalitori perché sarebbero stati costretti ad impugnare l’arma con la sinistra. Le feritoie, inoltre, sono troppo strette per ipotizzare un lancio di frecce. Anche l’ipotesi che fosse una residenza di caccia, attività assai amata dal sovrano, è messa in discussione dalla presenza di fini ornamenti e dall’assenza di stalle e altri ambienti tipici delle residenze di caccia. Castrum Sanctae Mariae La nascita dell’edificio si colloca ufficialmente il 29 gennaio 1240, quando Federico II Hohenstaufen ordinò a Riccardo da Montefuscolo, Giustiziere di Capitanata, che venissero predisposti i materiali e tutto il necessario per la costruzione di un castello presso la chiesa di Sancta Maria de Monte, da cui inizialmente prese il nome (Castrum Sanctae Mariae) mutato in Castrum Montis nel Trecento. Il castello-immagine Federcio II non badò a spese affinché l’edificio fosse magnifico: doveva essere il suo castello-immagine, la celebrazione del potere imperiale. Secondo Kantorowicz qui egli “riceveva ambascerie coi doni più rari e preziosi: una veste d’amianto, un filtro di giovinezza, un anello che rendeva invisibili, la pietra filosofale”. Pietra calcarea, marmo bianco e breccia corallina Realizzato da maestranze locali, ma anche da scalpellini e artigiani saraceni e nordici, probabilmente fu costruito sulle rovine di una precedente fortezza prima longobarda e poi normanna. La struttura è composta principalmente da tre diversi materiali, la cui disposizione non è casuale ma è studiata per l’effetto cromatico che ha nell’osservatore. La pietra calcarea è sicuramente il materiale preponderante e dona alla costruzione una colorazione che va dal bianco al rosato a seconda del periodo del giorno in cui si osserva l’edificio; il marmo bianco o con leggeri venature è oggi presente solo in rare decorazioni nelle sale, ma in passato tutto l’arredo e le decorazioni dell’edificio erano costituite di questo materiale; infine la breccia corallina, nota di colore usata nella decorazione delle sale al piano terra e nelle rifiniture di porte e finestre, interne ed esterne, oltre che nel portale principale.

Un ottagono bianco su un colle solitario Posto su un colle solitario della Murgia nei pressi di Andria, il castello è un ottagono in calcare bianco avorio ingiallito col tempo. L’ottagono su cui è articolata la pianta del complesso e dei suoi elementi è una forma geometrica fortemente simbolica: si tratta della figura intermedia tra il quadrato, simbolo della terra, e il cerchio, che rappresenta l’infinità del cielo, e quindi segnerebbe il passaggio dall’uno all’altro.

Il numero otto Il numero otto ricorre in vari elementi di questa costruzione: la forma ottagonale del cortile interno e delle otto torri ai vertici, le otto stanze interne a forma di trapezio isoscele, otto fiori quadrifogli sulla cornice sinistra del portale di ingresso, altri otto sulla cornice inferiore, otto foglie sui capitelli delle colonne nelle stanze, otto foglie sulla chiave di volta, otto foglie di vite sulla chiave di volta della prima sala del piano terra, otto foglie di girasole sulla chiave di volta di un’altra sala, otto foglie ed otto petali su quella della quinta sala, otto foglie di acanto sulla chiave di volta dell’ottava sala, otto foglie di fico su quella dell’ottava sala al piano superiore.

La vasca ottagonale del Sacro Graal Si pensa che al centro del cortile interno ci fosse in precedenza una vasca anch’essa ottogonale, costituita da un unico blocco di marmo che secondo la leggenda doveva rappresentare il Sacro Graal rimasto per un periodo nelle mura di questo castello. Le alte pareti da cui è formato il cortile danno l’idea di trovarsi all’interno di un pozzo che, nella simbologia medioevale rappresentava la conoscenza. Un tempo erano presenti anche antiche sculture, di cui restano solo la lastra raffigurante il Corteo dei cavalieri ed un Frammento di figura antropomorfa.

Tracce del significativo corredo scultoreo Il corredo scultoreo, sebbene fortemente depauperato, riveste grandissimo interesse: attualmente sono ancora presenti le due mensole antropomorfe nella Torre del falconiere, i telamoni che sostengono la volta ad ombrello di una delle torri scalari ed un frammento del mosaico pavimentale nell’VIII sala al piano terra. Nella Pinacoteca Provinciale di Bari sono stati temporaneamente depositati, invece, due importanti frammenti scultorei, raffiguranti una Testa ed un Busto acefalo, rinvenuti nel corso dei lunghi restauri. Sulle due colonne che fiancheggiano il portale di ingresso sono accovacciati due leoni, quello di destra che guarda verso sinistra e viceversa, rivolti verso i punti dell’orizzonte in cui il sole sorge nei due solstizi d’estate e d’inverno. La cura del corpo nei bagni delle torri Ognuno dei due piani dell’edificio comprende otto sale trapezoidali tutte di dimensioni simili, ma caratterizzate da una sottile gerarchia a seconda del modo in cui comunicano tra loro o con il cortile interno. Generalmente si possono individuare delle sale di passaggio e delle sale più “confortevoli”, dotate di alcuni accessori, come ad esempio alti camini e servizi igienici collocati nelle torri. La presenza dei bagni – dotati di latrina e lavabo ed affiancati tutti da un piccolo ambiente, probabilmente utilizzato come spogliatoio o forse destinato ad accogliere vasche per abluzioni – testimonia di come la cura del corpo fosse molto praticata da Federico II e dalla sua corte, secondo un’usanza tipica di quel mondo arabo così amato dal sovrano.

Federico nella Sala del Trono Una menzione particolare va fatta per quella che tradizionalmente viene indicata come Sala del Trono, situata sul lato orientale dell’edificio: una vasta letteratura sull’argomento colloca qui il Federico assorto, contemplativo, impegnato in dotti consulti con gli esperti della sua corte.

Un castello poco festaiolo Csatel del Monte fu raramente adibito a feste: fra queste, si ricordano le nozze qui celebrate nel 1246 tra Violante, figlia naturale di Federico e Bianca Lancia, con il conte di Caserta Riccardo Sanseverino, quelle tra Beatrice d’Angiò e Bertrando del Balzo nel 1308, e tra Umberto de la Tour, delfino di Francia, e Maria del Balzo nel 1326.

La prigione dei nipoti dell’imperatore Dopo il 1268, alla caduta degli Svevi, Carlo I d’Angiò vi avrebbe imprigionato Enrico ed Enzo, figli di Manfredi ed Elena d’Epiro. Inoltre, con gli interventi da lui promossi a partire dal 1277, venne rafforzata la funzione di avvistamento e controllo del territorio che già il castello svolgeva in età sveva e anche negli anni successivi il castello rimase per lo più adibito a carcere. Nel 1495 vi soggiornò Ferdinando d’Aragona, prima di essere incoronato re delle due Sicilie a Barletta.

Una devastazione lunga secoli Annesso al ducato di Andria, appartenne a Consalvo da Cordova e, dal 1552, ai Carafa conti di Ruvo. Fu rifugio per molte nobili famiglie andriesi durante la pestilenza del 1656. Fin dal secolo XVIII, rimasto incustodito, fu sistematicamente devastato, spogliato dei marmi e degli arredi, e divenne ricovero per pastori, briganti, profughi politici.

Decenni di restauri Nel 1876, prima che sopravvenisse la definitiva rovina, il castello venne acquistato in condizioni di conservazione estremamente precarie, dallo Stato italiano che nel 1879 ne predispose il restauro affidato all’ingegner Sarlo. I lavori di restauro ripresero con continuità e cautela scientifica dal 1928 in poi, fino ad arrivare ai recentissimi ultimi interventi degli anni Ottanta.

Simbolo dell’eccellenza italiana La vista di questo caratteristico castello probabilmente non sarà una novità per nessuno: il 2 maggio 1977 un francobollo da 200 lire ne riportava una veduta prospettica. Lo troviamo di nuovo, questa volta nell’emissione della serie ordinaria, raffigurato nel valore da 20 lire, emesso 3 anni più tardi. Nel nuovo secolo, inoltre, la sagoma di Castel del Monte veniva scelta per la moneta metallica da 1 centesimo di euro coniata in Italia. L’edificio è stato anche scelto per rappresentare il Politecnico di Bari. Copyright ©2002 Stefania Mola www.casteldelmonte.beniculturali.it

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I MERAVIGLIOSI CASTELLI DI FEDERICO II DI SVEVIA IN BASILICATA-PUGLIA-CALABRIA-SICILIA

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