Il Castello Svevo
Il castello degli arabi ripreso dallo stupor mundi Sui 380 metri del colle Pancrazio, in fondo all’omonima via, i ruderi del castello dominano il capoluogo bruzio. Innalzato dai saraceni forse su rovine della Rocca Bretica, dopo il 1000 d.c. fu rimaneggiato dal califfo arabo Saati. Intorno al 1130 la sua struttura primitiva venne rinforzata dal duca dei Normanni Ruggero II. Distrutto dal terremoto del 1184, Federico II di Svevia ne curò la ricostruzione verso il 1239, secondo un progetto dei suoi architetti militari. Edificato da manodopera locale con blocchi di tufo calcareo delle cave di Mendicino e di Laurignano, il castello era a pianta rettangolare e a diversi piani, con due torri quadrangolari e due poligonali agli angoli. L’ira dell’imperatore Secondo una tradizione oggi non più seguita, nel 1235 Federico II vi incarcerò suo figlio Arrigo Lo zoppo reo di collusione con i comuni dell’Italia settentrionale ribellatisi all’imperatore. Residenza principesca Nel 1433, da fortezza militare il castello venne adattata a residenza principesca, per ospitare Luigi III D’Angiò, con la sua moglie Margherita, figlia di Amedeo VIII di Savoia. Verso la metà dello stesso secolo, durante il dominio degli Aragonesi, vi soggiornò anche il re Alfonso. Negli anni del conflitto angioino-aragonese, venne adibito a zecca per monete d’argento e di rame. È certo che nonostante gli usi plurimi che ne vennero fatti, il castello di Cosenza rimaneva ancora agli inizi del 1500, uno dei fortilizi militari più importanti della Calabria settentrionale.
Il deposito d’armi, la vocazione religiosa, i terribili terremoti Verso il 1540 fu utilizzato come deposito di armi e munizioni e venne inaugurato come prigione. Nel 1560 vi fu rinchiuso il pastore calvinista Gian Luigi Pascale, che dalla sua cella scrisse ai Valdesi di Calabria, risvegliati dalla dalla sua predicazione missionaria. Dopo il 1630 iniziò la lenta decadenza del castello, ripetutamente smantellato dai terremoti: quello del 1638 ne rovinò i piani superiori, i baluardi e le torri, quello del 1659 abbatte le rimanenti murature. Intorno alla metà del 1700 fu chiesto in donazione perpetua al re di Napoli dall’arcivescovo di Cosenza Michele Maria Capece Galeota per essere adattato a seminario, con l’impegno di restauri che, effettuati, ne snaturarono la già precaria fisionomia. Restaurato successivamente da vari arcivescovi e nel 1810 da Gioacchino Murat, nel 1835 venne danneggiato dal terremoto. Dal governo borbonico fu nuovamente usato come prigione politica: dopo l’insurrezione del 1844 vi vennero incarcerati numerosi patrioti. Minato da ulteriori terremoti nel 1852, 1854, dopo l’unità d’Italia divenne proprietà del Demanio nel 1883 fu acquistato dal Comune di Cosenza in un’asta pubblica. Danneggiato ancora dal terremoto del 1905, venne sottoposto nel corso di questo secolo a vari restauri parziali. Fonte: wikipedia