Profilo di fiore La città dell’infanzia e della fanciullezza di Federico II già all’epoca dello svevo aveva alle sue spalle una storia importante i cui resti il piccolo re di Sicilia aveva modo di ammirare nel suo peregrinare per le vie della città. Palermo fu fondata dai Fenici nel 734 a.C. con il nome Zyz che sembrerebbe derivare dalla conformazione della città: tagliata da due fiumi, ricordava il profilo di un fiore. Fino a quel momento l’area era stata un emporio commerciale e base d’appoggio per la Sicilia nord-occidentale. L’insuccesso dei greci e il dominio dei romani Acquisita una certa importanza commerciale grazie alla sua posizione, divenne meta ambita per i Greci che popolavano la parte orientale della Sicilia, i quali però non riuscirono mai a dominarla. La prima conquista avvenne da parte dei Romani, che, dopo un lungo assedio, riuscirono a sottrarla ai Cartaginesi di Amilcare Barca. Sotto il governo di Roma, Palermo continuò a ricoprire il ruolo di porto strategico nel Mediterraneo, vivendo un periodo di assoluta tranquillità per diversi secoli. Palermo capitale musulmana Palermo fu romana fino a quando le invasioni barbariche causarono il saccheggio e la devastazione della città. La liberazione di Palermo avvenne grazie ai Bizantini, che tennero la città per tre secoli. Nel IX secolo musulmani provenienti dal Nordafrica invasero la Sicilia e Palermo fu presa nell’831: furono i governatori musulmani a spostare la capitale della Sicilia a Palermo. La potenza musulmana, tuttavia, fu corrosa dalle lotte interne che aprirono la via agli stranieri, finché, nel 1071, dopo quattro anni d’assedio, Ruggero d’Altavilla, primo conte normanno, espugnò Palermo. Il piccolo erede al trono Poi venne il tempo degli svevi che cominciò con l’incoronazione di Enrico VI di Hohenstaufen. Alla sua morte ci fu un decennio di confusione politica perché il suo erede, il figlio Federico, aveva solo 3 anni e non poté salire al trono fino al 1208. Nell’arco di un anno il piccolo rimase orfano d’entrambi i genitori e fu affidato per via testamentaria al pontefice Innocenzo III. Un principe per le strade di Palermo L’infanzia di Federico non fu proprio da principe: egli passava tutto il suo tempo per le strade di Palermo, una città cosmopolita, crogiuolo di razze e culture diverse. Fino all’età di 14 anni, il piccolo svevo risiedette nella città siciliana, nella reggia o nel Palazzo della Cuba. Il ragazzo cresceva, sotto la tutela di Gentile di Manopello, avendo come insegnante Guglielmo Francesco, il quale riferiva direttamente al suo vescovo, Rinaldo da Capua, che a sua volta teneva informato il Papa. La corte invidiata Nel 1208 Federico II fu proclamato re e un anno dopo si sposò con Costanza d’Aragona. Nonostante le continue assenze dell’imperatore, Palermo per 40 anni fu una vera e propria metropoli nella bocca di tutta Europa: la sua corte era invidiata da tutti, ricca di letterati, giuristi, scienziati, poeti. Qui nacque la scuola poetica siciliana, movimento letterario che per la prima volta usava a scopo letterario un dialetto volgare, il siciliano. Ritorno a Palermo Durante il periodo svevo la citta’ non si arricchì di molte opere edilizie; l’unica struttura di rilievo è la chiesa di S. Francesco che però, su ordine dell’imperatore, fu distrutta nel 1240 per ripicca alla scomunica papale. L’improvvisa morte di Federico II fu solo il preludio della fine degli svevi in Sicilia e nella sua capitale: la salma dell’imperatore fu trasportata a Palermo per essere tumulata nel Duomo accanto alla madre Costanza d’Altavilla, al padre Enrico VI e al nonno Ruggero II. Il sonno eterno in compagnia di sconosciuti La solenne chiusura nell’urna di porfido rosso avvenne il 25 febbraio 1251. A quanto è dato oggi di conoscere, il sonno tranquillo dell’Imperatore durò solo ottantasette anni dato che nel 1338 e nel 1342 il cofano fu aperto per accogliere altri due personaggi che i documenti dell’epoca fanno corrispondere a Guglielmo duca di Atene ed a Pietro II, entrambi figli di Federico II d’Aragona. Una donna nel sarcofago dello svevo Un altro tentativo di riaprire la tomba, operato nel 1491, fu contrastato ferocemente e scongiurato dai fedeli che lo ritenevano un atto sacrilego. Nessuno poté però evitare un sopralluogo nell’urna avvenuto nel 1781, in occasione della ristrutturazione della cattedrale. Secondo una dettagliata descrizione della ricognizione riportata da Francesco Danieli, Federico II indossava varie tuniche impreziosite da fibbie, fregi e fini ricami; le mani erano incrociate sul ventre, la mano destra ornata da un anello che recava incastonato un grosso smeraldo. L’augusto capo, ricoperto da una corona costruita da lamine d’argento dorato, perle e pietre preziose, poggiava su un cuscino di cuoio; accanto al collo c’era il globo, simbolo della maestà imperiale; sul fianco sinistro si vedeva la spada con il manico di legno anch’esso ornato da fili di argento dorato. L’esito del sopralluogo non fu però del tutto tranquillo dato che, sempre il testo del Danieli, riferisce un dubbio sull’identità di un compagno: in luogo di Guglielmo duca di Atene pareva esserci addirittura una donna sconosciuta. Terminata l’ispezione, l’urna fu ricomposta com’era stata trovata. Il tesoro profanato Nel 1994, nell’ambito dei programmi commemorativi per l’ottocentesimo anniversario della nascita di Federico II, si provvide ad effettuare un nuovo sopralluogo ma, con stupore dei periti, furono ritrovati solo stracci, paglia e stoppa, il tesoro con cui era stato sepolto l’imperatore era scomparso. Taluni ipotizzano che la violazione della tomba sia avvenuta durante l’ultimo conflitto mondiale, ad opera delle truppe d’occupazione germaniche. Il ritorno degli svevi Lo sbandamento provocato dalla morte di Federico e la preoccupante avversione della Santa Sede nei confronti dei discendenti Svevi sfociò a Palermo in una rivoluzione conclusasi nel 1255 con la proclamazione di comune libero. Tale situazione durò solo un anno, fino a quando non intervenne Manfredi, vicario di Corradino, che ristabilì la situazione e, fingendo la morte del fratellastro, fu incoronato re nel 1258. Con gli angioini il declino Manfredi, figlio prediletto di Federico II, riportò Palermo ad essere una delle capitali più rinomate d’Europa. Il nuovo re ereditò dal padre tutti i pregi ma anche l’antipatia del papato che gli fu fatale visto che Clemente IV lanciò contro di lui una crociata per aiutare Carlo I D’Angiò a conquistare il regno di Sicilia. Lo scontro finale ebbe luogo a Benevento con la morte di Manfredi e l’inizio della dominazione angioina sulla Sicilia e sulla sua capitale Palermo che persero l’egemonia nel Mediterraneo in seguito allo spostamento del potere a Napoli. Dalla dominazione spagnola alle spinte separatiste Molto apprezzata, invece, fu la dominazione degli spagnoli che fecero di Palermo la sede del Viceré: il territorio fu rivalutato come baluardo di importanza strategica per la lotta contro gli Ottomani. La dominazione spagnola durò ben due secoli e terminò nel 1713 con il Trattato di Utrecht. In epoca borbonica, e precisamente nel 1816, Palermo perse lo status di capitale, divenendo secondo centro amministrativo dopo Napoli: ciò causò diverse rivolte a carattere separatista nell’isola. Liberty e guerre Nel primo ventennio del XX secolo Palermo attraversò un’epoca florida, con un breve ma intenso periodo liberty. Non interessata dal primo conflitto mondiale, la città subì notevoli distruzioni a causa dei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, fino ad essere occupata nel luglio 1943 dalle truppe alleate del generale americano George Smith Patton. Fonti: www.palermonelmedioevo.com www.stupormundi.it – “Nuovo Sopralluogo nel sarcofago di Federico II” di Carlo Fornari e Alberto Gentile