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Il Castello la Cuba

Il padiglione delle delizie Emergente da un vasto laghetto artificiale, il castello edificato da Guglielmo II nel 1180 era un padiglione di delizie, ossia di un luogo in cui il Re e la sua Corte potevano trascorrere ore piacevoli al fresco delle fontane e dei giardini di agrumi, riposandosi nelle ore diurne o assistendo a feste e cerimonie alla sera. L’epigrafe araba Le notizie sul committente e sulla data sono certe grazie all’epigrafe posta sul muretto d’attico dell’edificio. Il fatto straordinario di questa epigrafe è che sia scritta in lingua araba, il che dimostra la tolleranza e l’apertura della corte normanna. Fra i Sollazzi Regi dei normanni di Sicilia, il suo nome arabo significa arco o volta ed il castello, che ha forma rettangolare alleggerita da quadrate torricelle sporgenti, è veramente il trionfo degli archi acuti che ne costituiscono il motivo architettonico dominante. Le figlie del re saraceno L’ultimo monumento creato dai normanni a Palermo era uno dei luoghi preferiti da Federico II durante la sua infanzia. Un’antichissima leggenda (arretrandone l’origine nel tempo) narra che Cuba e Zisa furono figlie di un re saraceno il quale avrebbe edificato per loro due castelli, che dovevano essere degni della meravigliosa bellezza delle due fanciulle. Soluzioni rinfrescanti L’interno della Cuba era

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divisa in tre ambienti allineati e comunicanti tra loro. Al centro dell’ambiente interno si vedono i resti di una splendida fontana in marmo, tipico elemento delle costruzioni arabe necessario per rinfrescare l’aria. La sala centrale era abbellita da muqarnas, soluzione architettonica ed ornamentale simile ad una mezza cupola.


Dopo i fasti normanni, il lazzaretto Dopo i normanni e gli svevi, la Cuba fu destinata agli usi più vari. Il lago fu prosciugato e sulle rive furono costruiti dei padiglioni, usati come lazzaretto nel 1576 e nel 1621. Poi fu alloggio per una compagnia di mercenari borgognoni ed infine proprietà dello Stato nel 1921. L’ispirazione di Boccaccio Tra le acque e gli alberi che circondavano un tempo il castello, Boccaccio ambientò una delle novelle del suo Decameron: la sesta della quinta giornata. È la vicenda d’amore tra Gian di Procida – nipote del omonimo grande eroe del Vespero Siciliano – e la bella Restituta, una ragazza di Ischia rapita da «giovani ciciliani» per offrirla in dono all’allora re di Sicilia, Federico II d’Aragona. Fonti: www.wikipedia.it

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Il Palazzo Reale

1 ORAODal Qasr arabo al Palazzo dei Normanni Oggi conosciuto come Palazzo dei Normanni, il Palazzo Reale nel quale visse il piccolo Federico II sorge nella posizione più elevata dell’antico nucleo cittadino, proprio sopra i primi insediamenti punici, le cui tracce sono tuttora visibili nei sotterranei. La prima costruzione, il Qasr, è attribuita al periodo della dominazione araba della Sicilia. I Normanni lo modificarono per esprimere tutta la potenza della monarchia. Venne così realizzata una struttura di edifici turriformi collegati tra di loro con un sistema di portici alternati a giardini, che ospitava anche laboratori di oreficeria e di produzione di tessuti (il kiraz). Il nuovo palazzo era inoltre collegato direttamente alla cattedrale tramite una via coperta. Mosaici e marmi pregiati nella Cappella Palatina Nel 1132, sotto il regno di Ruggero II, venne costruita la Cappella Palatina, che divenne il baricentro delle varie strutture in cui il palazzo era articolato. Consacrata nel 1140 da re Ruggero II, la basilica fu dedicata ai santi Pietro e Paolo. Le tre navate sono divise da colonne antiche riutilizzate che sostengono archi ogivali; il pavimento è realizzato a mosaico, e marmi pregiati rivestono la parte inferiore delle pareti. La parte superiore di abside, cupola e transetto è sontuosamente rivestita di mosaici bizantini su fondo oro raffiguranti il Cristo Pantocrator, gli evangelisti e storie bibliche. L’appartamento di Federico Oltre alla Cappella Palatina, le parti di costruzione attribuita ai normanni sono la Torre Pisana, sede della stanza del Tesoro e la Torre della Gioaria che, per la raffinata eleganza delle soluzioni architettoniche e per la ricercatezza delle decorazioni, ospitarono molto probabilmente gli appartamenti dei sovr2 -F Militello-225x300ani normanni e di Federico II. Gli animali nella sala di re Ruggero Di epoca normanna è anche la sala di re Ruggero, rivestita di raffinati mosaici di scuola bizantina con scene di caccia. Le decorazioni mostrano grande dedizione nell’esecuzione degli animali tra cui, oltre i mitilogici centauri, appaiono leopardi, pavoni, cervi e cigni, sullo sfondo di una vegetazione di alberi e palme. La volta della sala risale invece al periodo di Federico II, come testimoniato dalla rappresentazione dell’aquila sveva. La culla della Scuola Siciliana In seguito, gli Svevi mantennero nel palazzo le attività amministrative di cancelleria e soprattutto letterarie: all’epoca di Federico II, la grandiosa reggia era un centro di cultura dove s’intrecciavano la tradizione classica, quella araba e quella bizantina. Qui si riunivano i poeti della “scuola siciliana” e si può affermare che la poesia italiana sia nata fra queste mura. Il Palazzo dei Vicerè Gli Angioini prima e gli Aragonesi poi privilegiarono altre sedi a scapito del castello. Il palazzo tornò a occupare un ruolo importante nella secondà metà del XVI secolo quando i viceré spagnoli lo elessero a propria residenza, procedendo di pari passo a importanti ristrutturazioni finalizzate anche ad esigenze di tipo difensivo, con la creazione di un sistema di bastioni. La Sala delle fatiche di Ercole Con i Borboni, il Palazzo si trasformò ancora: nel 1790 Ferdinando IV fece elevare sulla Torre Pisana un Osservatorio astronomico ancora oggi esistente e particolarmente specializzato negli studi di astrofisica; nel 1798 la corte borbonica, trasferitasi nel Palazzo a causa dell’occupazione francese di Napoli, fa modificare numerosi ambienti per adattarli alle nuove esigenze; nel 1811 vennero decorate per l’ennesima volta le pareti e la volta della Sala d’Ercole – dal 1947 sede dell’Assemblea Regionale Siciliana – così chiamata per le numerose tempere che raffigurano le fatiche dell’eroe mitologico; dopo il 1820 vennero demoliti i bastioni. Fonti: www.wikipedia.it www.culturaitalia.it www.ars.sicilia.it

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La Storia


800px-Palermo02 flickrProfilo di fiore La città dell’infanzia e della fanciullezza di Federico II già all’epoca dello svevo aveva alle sue spalle una storia importante i cui resti il piccolo re di Sicilia aveva modo di ammirare nel suo peregrinare per le vie della città. Palermo fu fondata dai Fenici nel 734 a.C. con il nome Zyz che sembrerebbe derivare dalla conformazione della città: tagliata da due fiumi, ricordava il profilo di un fiore. Fino a quel momento l’area era stata un emporio commerciale e base d’appoggio per la Sicilia nord-occidentale. L’insuccesso dei greci e il dominio dei romani Acquisita una certa importanza commerciale grazie alla sua posizione, divenne meta ambita per i Greci che popolavano la parte orientale della Sicilia, i quali però non riuscirono mai a dominarla. La prima conquista avvenne da parte dei Romani, che, dopo un lungo assedio, riuscirono a sottrarla ai Cartaginesi di Amilcare Barca. Sotto il governo di Roma, Palermo continuò a ricoprire il ruolo di porto strategico nel Mediterraneo, vivendo un periodo di assoluta tranquillità per diversi secoli. Palermo capitale musulmana Palermo fu romana fino a quando le invasioni barbariche causarono il saccheggio e la devastazione della città. La liberazione di Palermo avvenne grazie ai Bizantini, che tennero la città per tre secoli. Nel IX secolo musulmani provenienti dal Nordafrica invasero la Sicilia e Palermo fu presa nell’831: furono i governatori musulmani a spostare la capitale della Sicilia a Palermo. La potenza musulmana, tuttavia, fu corrosa dalle lotte interne che aprirono la via agli stranieri, finché, nel 1071, dopo quattro anni d’assedio, Ruggero d’Altavilla, primo conte normanno, espugnò Palermo. Il piccolo erede al trono Poi venne il tempo degli svevi che cominciò con l’incoronazione di Enrico VI di Hohenstaufen. Alla sua morte ci fu un decennio di confusione politica perché il suo erede, il figlio Federico, aveva solo 3 anni e non poté salire al trono fino al 1208. Nell’arco di un anno il piccolo rimase orfano d’entrambi i genitori e fu affidato per via testamentaria al pontefice Innocenzo III. Un principe per le strade di Palermo L’infanzia di Federico non fu proprio da principe: egli passava tutto il suo tempo per le strade di Palermo, una città cosmopolita, crogiuolo di razze e culture diverse. Fino all’età di 14 anni, il piccolo svevo risiedette nella città siciliana, nella reggia o nel Palazzo della Cuba. Il ragazzo cresceva, sotto la tutela di Gentile di Manopello, avendo come insegnante Guglielmo Francesco, il quale riferiva direttamente al suo vescovo, Rinaldo da Capua, che a sua volta teneva informato il Papa. La corte invidiata Nel 1208 Federico II fu proclamato re e un anno dopo si sposò con Costanza d’Aragona. Nonostante le continue assenze dell’imperatore, Palermo per 40 anni fu una vera e propria metropoli nella bocca di tutta Europa: la sua corte era invidiata da tutti, ricca di letterati, giuristi, scienziati, poeti. Qui nacque la scuola poetica siciliana, movimento letterario che per la prima volta usava a scopo letterario un dialetto volgare, il siciliano. Ritorno a Palermo Durante il periodo svevo la citta’ non si arricchì di molte opere edilizie; l’unica struttura di rilievo è la chiesa di S. Francesco che però, su ordine dell’imperatore, fu distrutta nel 1240 per ripicca alla scomunica papale. L’improvvisa morte di Federico II fu solo il preludio della fine degli svevi in Sicilia e nella sua capitale: la salma dell’imperatore fu trasportata a Palermo per essere tumulata nel Duomo accanto alla madre Costanza d’Altavilla, al padre Enrico VI e al nonno Ruggero II. Il sonno eterno in compagnia di sconosciuti La solenne chiusura nell’urna di porfido rosso avvenne il 25 febbraio 1251. A quanto è dato oggi di conoscere, il sonno tranquillo dell’Imperatore durò solo ottantasette anni dato che nel 1338 e nel 1342 il cofano fu aperto per accogliere altri due personaggi che i documenti dell’epoca fanno corrispondere a Guglielmo duca di Atene ed a Pietro II, entrambi figli di Federico II d’Aragona. Una donna nel sarcofago dello svevo Un altro tentativo di riaprire la tomba, operato nel 1491, fu contrastato ferocemente e scongiurato dai fedeli che lo ritenevano un atto sacrilego. Nessuno poté però evitare un sopralluogo nell’urna avvenuto nel 1781, in occasione della ristrutturazione della cattedrale. Secondo una dettagliata descrizione della ricognizione riportata da Francesco Danieli, Federico II indossava varie tuniche impreziosite da fibbie, fregi e fini ricami; le mani erano incrociate sul ventre, la mano destra ornata da un anello che recava incastonato un grosso smeraldo. L’augusto capo, ricoperto da una corona costruita da lamine d’argento dorato, perle e pietre preziose, poggiava su un cuscino di cuoio; accanto al collo c’era il globo, simbolo della maestà imperiale; sul fianco sinistro si vedeva la spada con il manico di legno anch’esso ornato da fili di argento dorato. L’esito del sopralluogo non fu però del tutto tranquillo dato che, sempre il testo del Danieli, riferisce un dubbio sull’identità di un compagno: in luogo di Guglielmo duca di Atene pareva esserci addirittura una donna sconosciuta. Terminata l’ispezione, l’urna fu ricomposta com’era stata trovata. Il tesoro profanato Nel 1994, nell’ambito dei programmi commemorativi per l’ottocentesimo anniversario della nascita di Federico II, si provvide ad effettuare un nuovo sopralluogo ma, con stupore dei periti, furono ritrovati solo stracci, paglia e stoppa, il tesoro con cui era stato sepolto l’imperatore era scomparso. Taluni ipotizzano che la violazione della tomba sia avvenuta durante l’ultimo conflitto mondiale, ad opera delle truppe d’occupazione germaniche. Il ritorno degli svevi Lo sbandamento provocato dalla morte di Federico e la preoccupante avversione della Santa Sede nei confronti dei discendenti Svevi sfociò a Palermo in una rivoluzione conclusasi nel 1255 con la proclamazione di comune libero. Tale situazione durò solo un anno, fino a quando non intervenne Manfredi, vicario di Corradino, che ristabilì la situazione e, fingendo la morte del fratellastro, fu incoronato re nel 1258. Con gli angioini il declino Manfredi, figlio prediletto di Federico II, riportò Palermo ad essere una delle capitali più rinomate d’Europa. Il nuovo re ereditò dal padre tutti i pregi ma anche l’antipatia del papato che gli fu fatale visto che Clemente IV lanciò contro di lui una crociata per aiutare Carlo I D’Angiò a conquistare il regno di Sicilia. Lo scontro finale ebbe luogo a Benevento con la morte di Manfredi e l’inizio della dominazione angioina sulla Sicilia e sulla sua capitale Palermo che persero l’egemonia nel Mediterraneo in seguito allo spostamento del potere a Napoli. Dalla dominazione spagnola alle spinte separatiste Molto apprezzata, invece, fu la dominazione degli spagnoli che fecero di Palermo la sede del Viceré: il territorio fu rivalutato come baluardo di importanza strategica per la lotta contro gli Ottomani. La dominazione spagnola durò ben due secoli e terminò nel 1713 con il Trattato di Utrecht. In epoca borbonica, e precisamente nel 1816, Palermo perse lo status di capitale, divenendo secondo centro amministrativo dopo Napoli: ciò causò diverse rivolte a carattere separatista nell’isola. Liberty e guerre Nel primo ventennio del XX secolo Palermo attraversò un’epoca florida, con un breve ma intenso periodo liberty. Non interessata dal primo conflitto mondiale, la città subì notevoli distruzioni a causa dei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, fino ad essere occupata nel luglio 1943 dalle truppe alleate del generale americano George Smith Patton. Fonti: www.palermonelmedioevo.com www.stupormundi.it – “Nuovo Sopralluogo nel sarcofago di Federico II” di Carlo Fornari e Alberto Gentile

I MERAVIGLIOSI CASTELLI DI FEDERICO II DI SVEVIA IN BASILICATA-PUGLIA-CALABRIA-SICILIA

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