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Le Costituzioni Melfitane

cost regni siciliarumIl faro della laicità nel medioevo Fra le diverse testimonianze della cultura alla corte di Federico II, le Costituzioni, che l’imperatore promulgò nella Sala delle Scodelle del castello di Melfi nell’agosto del 1231, occupano sicuramente un posto rilevante, poiché rappresentano la prima legislazione ad impronta costituzionale di uno stato moderno e il più grande monumento legislativo laico del medioevo. Anche dette Leggi Augustali, esse potrebbero pure essere considerate il primo “concordato” della storia tra lo stato e la Chiesa, giacché vi si trova il tentativo di delimitare il confine tra i due poteri supremi. Gli estensori delle Leggi Augustali In 40 furono chiamati a metter mani su questo progetto di unificare tutte le leggi emanate a partire dal 1220: sicuramente vi fu al castello un grande movimento dei più famosi personaggi del tempo, fra cui il notaio Pier delle Vigne, assunto a corte come addetto alla cancelleria reale, che fu l’estensore principale delle Costituzioni. Una parte di primo piano la ebbero anche Roffredo Beneventano, famoso giurista del tempo, l’arcivescovo di Capua, Giacomo Amalfitano, l’uomo ombra del re, Berardo di Castacca, Michele Scoto, stimato filosofo, matematico ed astrologo scozzese, infine Ermanno di Salsa, l’unico tedesco che l’imperatore portò con sè dalla Germania. Probabilmente parteciparono alla stesura delle Costituzioni anche il padre e lo zio di San Tommaso d’Aquino. La legge dell’uomo che abolì il giudizio divino E’ sbagliato credere che questo corpus legislativo – 255 titoli, divisi in tre libri: diritto pubblico, procedura giudiziaria e diritto feudale, privato e penale – contenga esclusivamente norme emanate da Federico II. In realtà, nelle chiesa77Costituzioni di Melfi vennero mantenute alcune leggi dei re normanni e in generale di tutti i predecessori, ad eccezione di quelle promulgate dal padre, Enrico VI. Ciò detto, va comunque riconosciuto che il codice federiciano introdusse importanti novità: il potere regio venne ampliato, per cui baroni e città furono privati dei diritti e dei privilegi che si erano attribuiti abusivamente. I feudi divennero proprietà dello stato e fu fatto divieto di venderli, allo scopo di ridurre la frammentazione dell’organizzazione feudale. Gli ecclesiastici furono assoggettati ai tribunali comuni e gli fu tolta la prerogativa di giudicare gli eretici. Più in generale, l’amministrazione della giustizia fu affidata esclusivamente all’apparato statale, sancendo l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge ed abolendo il giudizio divino. Soprattutto le Costituzioni colpirono in modo diretto e profondo la vita e le prospettive dei liberi Comuni, eliminando qualunque loro forma di autonomia. Federico II legiferò anche in materia ecologica, stabilendo delle pene per chi avesse inqui nato e regolamentando il taglio dei boschi e la caccia. Tra le leggi più imprevedibili troviamo quelle sulla ubicazione e mantenimento dei cimiteri, e tra le più curiose quella che proibiva ai chierici di fare gli attori. I pilastri del diritto moderno Il codice ebbe grande risonanza e diffusione nel regno, visto che fu tradotto in greco per essere meglio compreso ed applicato dalla maggioranza della popolazione che parlava questa lingua. Esso fu in buona parte mantenuto nel Meridione d’Italia e varie norme restarono immutate nei secoli. Dei suoi principi ispiratori restò sempre traccia nella legislazione del Regno delle Due Sicilie fino all’unità d’Italia. Federico II cadde: perse il Regno di Sicilia e la corona imperiale ma le Costituzioni di Melfi hanno trovato un posto nella storia della civiltà e del diritto delle nazioni. Fonti: Federico Messana, “Liber Augustalis o Costituzioni melfitane (1231)”, Copyright  ©2002 Federico Messana, da www.stupormundi.it

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Il Castello

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Il tesoro di Federico Il castello di Melfi era il simbolo del potere imperiale e della ricchezza culturale di Federico II. Dentro le sue mura, nel 1231, vennero elaborate le Costituzioni Melfitane. Federico lo utilizzò anche come tesoreria regia, come deposito delle riscossioni effettuate in Basilicata, nonché come prigione, in cui fu incarcerato il saraceno Othman di Lucera. Nel 1232 Federico II ospitò il marchese di Monferrato e sua nipote Bianca Lancia, l’unica donna che egli abbia veramante amato. Nel 1241, furono trattenuti nella fortezza due cardinali e numerosi vescovi francesi e tedeschi che avrebbero dovuto partecipare al Concilio bandito da Papa Gregorio IX per deporre lo Svevo. A Melfi, infine, si compì parte della storia degli eredi dell’imperatore nei pochi anni di

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sopravvivenza della dinastia. Potere temporale e potere spirituale Il castello fu costruito per volere di Guglielmo d’Altavilla nel 1042, quando Melfi fu scelta dai Normanni come capoluogo politico e amministrativo. Qui si svolsero sei Concili Papali tra 1059 e il 1221 e nel 1089 fu bandita la prima crociata alla volta di Gerusalemme. Gravando con la sua mole sul borgo sottostante, il castello costituiva un efficace strumento di costrizione, anche psicologica, sulla popolazione locale, rimarcando nettamente l’opposizione rispetto al restante nucleo urbano, a sua volta imperniato sulla cattedrale, emblema del potere ecclesiastico. In seguito, con l’istituzione del Regnum Siciliae da parte di Ruggero II, i castelli divennero lo strumento per garantire alla monarchia non solo un apparato militare efficiente e organico, ma anche il controllo politico sulle forze centrifughe interne, nonché sui settori e i ceti produttori di ricchezza. Un simile ruolo venne rivestito dalla rocca di Melfi anche con gli Svevi: nello Statutum de reparatione castrorum del 1241-1246, il castello lucano viene annoverato fra i castra (e non fra le domus) federiciani.

L’infeudamento Con la decaduta degli svevi e l’arrivo dei nuovi dominatori angioini, il castello di Melfi subì massicci ampliamenti e restaurazioni, oltre ad essere eletto da Carlo II d’Angiò residenza ufficiale di sua moglie Maria d’Ungheria. Fu ancora soggetto a modifiche nel cinquecento sotto il governo aragonese e divenne proprietà prima degli Acciaiuoli, poi dei Marzano, dei Caracciolo ed infine dei Doria fino al 1950, questi ultimi ne trasformarono il corpo centrale per renderlo una residenza signorile.sarcofago

Le torri inviolabili Attualmente il castello presenta una cinta muraria con otto torri dette: dell’Ingresso, delloStendardo o dei Cipressi, della Secretaria o Della Terrazza, del Baluardo del Leone, dell’Imperatore o dei Sette Venti, Torre senza nome, della quale restano solo i ruderi, Torre di Nord Est o Torrita Parvula, Torre delle Carceri o di Marcangione, Torre della Chiesa, Torre dell’Orologio. La costruzione appare subito come un edificio di stile disomogeneo, frutto dei numerosi interventi architettonici portati avanti dai suoi regali abitanti, susseguitisi nei secoli. Dal lato settentrionale, la sua massa scura costituita dalla pietra vulcanica della zona emana un forte senso di inviolabilità; il castello si presenta come un’immensa e possente città bastionata e turrita, frutto di secolari stratificazioni che hanno trasformato il suo primitivo impianto normanno – a pianta rettangolare munita agli angoli di quattro torrioni quadrati – in un imponente sistema difensivo, composto da uno spalto, da un fossato su tre lati e da una cinta fortificata da dieci torri quadrangolari e poligonali. Il guardiano del Sarcofago di Rapolla Di proprietà del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, alcune delle sue sale ospitano oggi il Museo Nazionale del Melfese, nel quale sono esposti numerosi reperti archeologici provenienti dalle zone limitrofe. Nella Torre dell’Orologio vi è conservato il celebre Sarcofago di Rapolla (dal nome della località dove fu rinvenuto nel 1856), una delle più importanti testimonianze di arte di scuola asiatica del II secolo d.C. Fonti: S. Mola, Il Castello di Melfi Copyright ©2002 Stefania Mola , da www.stupormundi.it

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La Porta Venosina

L’ingresso imperiale
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Delle sei porte un tempo aperte nella cinta muraria di Melfi, la Porta Venosina – così detta perché da essa partiva un’arteria che conduceva attraverso la via Appia a Venosa – è quella attraverso la quale Federico II faceva il suo ingresso in città. La firma di Federico Di origine normanna, fu restaurata da Federico II nel XIII secolo, che vi appose la seguente iscrizione: “L’antichità mi ha distrutta, Federico mi ha riparata Melfi, nobile città della Puglia circonvallata da mura di pietra, celebre per salubrità dell’aria, per affluenza di popolazioni per fertilità dei suoi campi, ha un castello costruito su una rupe ripidissima opera mirabile dei Normanni“. Questa lapide celebrativa dell’antica gloria e della grandezza della città fu sostituita più tardi da Giovanni II Caracciolo con quella ancor oggi visibile.

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Di stile gotico, la Porta Venosina ha un portale a sesto acuto con l’archivolto a toro scanalato, sostenuto da capitelli a tronco di piramide rovesciata, ed è affiancata da due bastioni cilindrici del 1400, a rafforzamento delle capacità difensive. La porta è affiancata da due bassorilievi di cui uno raffigura il basilisco, stemma della città.

 

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La Storia

Melfi dai cappucciniUn passato importante Residenza frequentata spesso da Federico II, Melfi, prima dell’arrivo dell’imperatore, aveva già un passato importante: nel 1041, infatti, la città era stata scelta dai normanni come capitale del Reame di Puglia per la sua posizione strategica di punto di passaggio tra Campania, Puglia e Calabria. Quattro anni prima era divenuta sede vescovile e, a partire dal 1059 e fino al 1221, qui furono convocati sei Concili; di particolare importanza fu il terzo, proclamato nel 1089, nel corso del quale il pontefice, oltre ad istituire l’obbligo del celibato per i religiosi, bandì la prima Crociata in Terra Santa. Durante il quinto Concilio, convocato dall’Antipapa Anacleto, Ruggiero II fu incoronato Re del Regno di Sicilia, il più
antico dell’Italia preunitaria. Origini incerte eppur gloriose L’origine di Melfi è di ignota datazione. Secondo un cronista longobardo la città fu fondata da alcuni cavalieri romani che, in un viaggio verso Bisanzio, furono costretti a sbarcare a Ragusa per una tempesta, ne furono scacciati e, tornati sulle coste pugliesi, si fermarono sulla collina dove fondarono Melfi. Un’altra versione vuole che la città sia stata edificata dai Greci, un’altraancora ne colloca la fondazione nel medioevo, periodo in cui, sicuramente, Melfi fu contesa per la sua posizione strategica, conoscendo il suo massimo splendore. Più volte assediata e saccheggiata nel corso della sua storia, nel 1199 fu conquistata dal tedesco Marcovaldo per conto del minorenne re Federico II di Svevia. Melfi, urbs legis L’imperatore scelse la città come residenza estiva e qui trascorse i suoi momenti di svago, dato che prediligeva le foreste del Monte Vulture per praticare la falconeria, il suo hobby preferito. Nel maggio del 1231 Federico ritornava in Basilicata insieme a Pier della Vigna, suo collaboratore strettissimo, e all’arcivescovo di Capua, ai quali era stato affidato il melfi1compito di raccogliere, in un unico corpo legislativo, le disposizioni emanate a partire dal 1220, anno della sua Incoronazione. Nell’agosto dello stesso anno, innanzi alla solenne Dieta di Melfi, veniva promulgata la Constitutiones regni Siciliae, correntemente chiamata Costituzioni Melfitane o Leggi Augustali, strumento legislativo di primaria importanza nel panorama dell’Europa medioevale. Nel giugno del 1241, il sovrano stabilì che si disponesse nel castello di Melfi il centro di raccolta della tesoreria imperiale e la fondazione di una delle tre Scuole di Logica del Regno di Sicilia. La dipartita della dinastia sveva Nel 1254 i melfitani insorsero contro il re Manfredi, figlio naturale ed erede di Federico II, morto quattro anni prima, ma la città fu presto ripresa e fu degli svevi fino al 1266 quando Manfredi fu sconfitto dagli angioini che lo uccisero e conquistarono il regno. Saputo che Corradino di Svevia, nipote di Federico II, aveva raccolto un esercito per riprendersi il regno del grande zio, i melfitani insorsero contro i nuovi dominatori ma anche l’ultimo erede dell’imperatore svevo fu sconfitto e la città subì gravi oppressioni da parte degli angioini. La quiete dopo la tempesta Con la fine degli svevi, Melfi assunse un ruolo di semplice spettatrice nelle vicende del Regno. Nei secoli successivi fu infeudata a importanti e  nobilissime famiglie, quali gli Acciaiuoli, i Caracciolo e infine i Doria. Fino al XVIII secolo la città ebbe una vita abbastanza tranquilla anche se la classe contadina versò sempre in condizioni di estrema povertà. Alla fine del XIX secolo la città fu un centro molto vivo dei primi moti del socialismo storico. Oggi Melfi è uno dei comuni più produttivi della Basilicata e uno dei maggiori nuclei industriali del Meridione. Fonti:“Notizie storiche della città di Melfi” di Gennaro Araneo

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Ricettivita'

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Ristorante Pizzeria Sole Di Mezzanotte – t. (+39) 0972 236819

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Az. Agr. Sant’Agata Contrada Toppo S. Agata – t. (+39) 0972 238294

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Hotel Federico II C.da S. Nicola – Zona Ind. – t. (+39) 0972 78171

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[Ristorante-Pizzeria] Pizzeria del Ponticello Contrada Ponticelli – t. (+39) 0972 24280 – [Pizzeria]

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